Cattedrale S.
Maria in Platea
P.zzale Vittorio Emanuele II - Campli
(TE) ITALIA
Anno 2003-2005
Le immagini indicano prima e durante i
lavori di Restauro e valorizzazione della facciata e della torre campanaria.
1.1 Inquadramento Storico.
Campli, di origine preromana, come
testimoniano reperti archeologici dell’età del bronzo (II millennio a.C.) e la
ricchissima Necropoli di Campovalano (X-III secolo a.C.), vantano fino ai
nostri giorni una storia ricca e gloriosa, annoverando uomini illustri nelle lettere,
nelle scienze, nelle arti. E’ fondata tradizione che fosse un “municipium”
romano, ma la sua storia comincia meglio a potersi delineare alla fine del IX
secolo per un cambio di territorio fra il Vescovo di Teramo Giovanni II e il
conte Adalberto o Roberto de Aprutio.
Nei secoli XIV e XV la citta' ebbe un
notevole sviluppo politico, sociale, economico alternando periodi di
sottomissione feudale a periodi di liberta' demaniale. Nel 1372 ebbe lo
“status” di libero comune, il diritto di scegliersi – alla pari con Teramo – il
“Giudice delle cause civili”, e l’istituzione del “mercato settimanale” oltre a
un buon numero di fiere nell’arco dell’anno.
Grande impulso diede alla città la
corporazione dei lanaioli, che vi operava già dal XIV secolo, come campeggia lo
stemma nella casa trecentesca. Infatti, proprio il commercio dei panni di lana,
il fiorente artigianato (famosa la produzione, fino ai giorni nostri, delle
terracotte della frazione Nocella) e l’agricoltura, delinearono e formarono i
caratteri di una comunità dinamica, destinata a diventare una delle realtà più
importanti nel territorio teramano. Nel 1538, con le seconde nozze di
Margherita d’Austria (figlia naturale di Carlo V) con Ottavio Farnese, Campli
passò da feudo Mediceo (1526) a quello Farnesiano, andando a far parte
all’interno del Regno di Napoli di uno stato Farnesiano con propria
giurisdizione politica e amministrativa. Campli non solo perse i suoi
privilegi, ma sotto il governo di Margherita conobbe una fase di ascesa
economica e politica, comprensibile leggendo il rifacimento degli Statuti
Comunali del 1575, che culminerà nell’elezione a Città e Vescovato decretata da
Clemente VIII con Bolla papale del 12 maggio 1600. Questo avveniva nonostante
il terribile saccheggio e la devastazione che subì nel 1557 per opera delle
truppe papaline e francesi comandate dal duca di Guisa, e il continuo operare
di orde di banditi nel suo territorio. All’inizio del ‘600 Campli era ancora in
una fase di espansione, tanto che nelle attività economiche e nel numero degli
abitanti superava persino la città di Teramo.
Dopo la morte di Antonio, ultimo della
dinastia Farnese, avvenuta nel 1731, Campli passò ai borboni di Napoli,
seguendone tutte le vicissitudini fino alla nascita del Regno d’Italia. E’ bene
ricordare anche che nel 1776 ebbe il privilegio della Scala Santa con le stesse
indulgenze di quella di Roma e che nel 1860 fu presa a saccheggio da 250
gendarmi borbonici della fortezza di Civitella, seguiti da una numerosa schiera
di banditi e contadini (in quella occasione fu bruciato quasi tutto l’archivio
civico). Contemporaneamente alla fioritura economica, Campli ebbe grande
rilevanza urbanistica e artistica: gia' nel XIII secolo aveva un’estenzione
notevole e complessa, sicuramente maggiore dell’attuale, e fino dal 1138 vi si
registra una scuola di
pittura. Fra gli innumerevoli monumenti
che ne caratterizzano e valorizzano la struttura urbana si può indicare la Chiesa di Santa Maria in
Platea.
Il prospetto principale della chiesa e
quello del campanile presentano, oggi, le trasformazioni e i rimaneggiamenti
apportati dopo il terremoto dell’inizio del XVIII secolo (1703).
La facciata dell’ex cattedrale di Campli
risulta, quindi, un assemblaggio di paramenti murari e superfici di
rivestimento, che risalgono al periodo che va dal XIV secolo alla fine del XIX
secolo.
La parte centrale della facciata, di
chiaro stile neoclassico, e' per l’appunto frutto dell’intervento, avvenuto per
precisione nel 1793. La nicchia che si trova al di sopra del portale e' abbellita
da una scultura che rappresenta la
Madonna con il Bambino, opera probabile del Gagliardelli.
Ampia traccia di numerosi rimaneggiamenti
subiti dalla chiesa è ben evidente nel campanile. Esso venne innalzato nel XIV
secolo utilizzando blocchi di travertino. La struttura, altrimenti massiccia e
tozza, fu alleggerita da monofore e bifore. La base è caratterizzata da una
sezione quadrata che si modifica nella parte superiore, mutando repentinamente
in una struttura ottagonale decorata da mattonelle in ceramica dipinta, forse
opera di Antonio da Lodi, aggiunte nel 1474. Nel 1793 il campanile venne
sopraelevato aggiungendo la cuspide, anch’essa di sezione ottagonale. Attorno
alla fine del secolo scorso vennero effetuati lavori sul campanile, in
particolare sulla parte superiore, che ne modificarono l’aspetto esteriore
rendendolo come oggi è visibile.
Nata come una chiesa ad una sola navata
l’interno di S. Maria ne ha oggi tre: quella di sinistra, venne costruita tra
il XV e XVI sec., quella di destra fu ultimata secondo le cronache nel 1561.
All’interno possiamo trovare numerosi
segni, di espressioni artistiche di notevole importanza:
il soffitto della navata maggiore,
assolutamente spettacolare realizzato in tavole di legno, in parte decorato da
pitture realizzate direttamente sulle assi ed in larga misura da tele con
bellissimi dipinti di scuola romana, opera d’arte davvero unica nel suo genere;
i numerosi altari presenti nelle navate
laterali sono impreziositi da importanti opere d’arte, alcune di grande pregio
ed eccellente valore artistico, eseguiti da seguaci della scuola di Raffaello.
Possiamo menzionare interventi di artisti
quali: Giovan Battista Ragazzini, Sebastiano da Como, Giovanni da Biasiuccio,
Cola d’Amatrice, Giacomo da Campli e Nicola da Guardiagrele.
Quel che rende davvero speciale S. Maria
e' il suo tesoro costituito da una famosa tavola raffigurante “la Madonna in trono che
allatta il piccolo Gesu'”, e da un eccezionale patrimonio di oggetti sacri in
argento lavorato non visibili ai visitatori finchè non verranno esposti nel
progettato museo d’arte sacra in via di realizzazione presso il convento di S.
Onofrio.
I dati sono stati ricavati, oltre che
dall’osservazione diretta attuale (dal piano stradale), dalle testimonianze
orali e dalle fonti bibliografiche dei
seguenti autori: G. B. Pacichelli, 1703; N. Palma, 1832/36; E. Abbate, 1903; N.
Rozzi, 1909 e 1913; L.V. Bertarelli, 1926; I. C. Gavini, 1927-28; P. Del
Paggio, 1937; N. Farina, 1996; F. Bologna, 1996.
1.2 Descrizione
del Progetto.
1.2.1 Introduzione
Nel corso dei secoli, con alterne
vicende, la Cattedrale
di S. Maria in Platea è stata luogo di culto e di studio.
E’ situata nel cuore del centro storico
di Campli, nelle vicinanze della trecentesca Chiesa di S. Francesco, con il suo
campanile, opera di Antonio da Lodi sec. XV, regna sulla piccola piazza del
paese; il fronte opposto è occupato dal Palazzo del Parlamento – detto anche
Palazzo Farnese – raro esempio di architettura civile ben conservato,
nonostante inevitabili manomissioni (nel 1520 vi si impiantò il primo Teatro
degli Abruzzi). Il luogo è sicuramente caratterizzato da un’alta densità
edilizia, artigianale e rurale. Dal punto di vista urbanistico, l’insediamento
costruito è completamente attraversato da un asse principale con direzione
Nord-Est, Sud-Ovest. Si accede ad esso attraverso la famosa porta Angioina,
pressoche' intatta, edificata nel 1372, allorche' fu eretta una nuova e
migliore cinta difensiva. Lungo l’asse insistono vari episodi urbani di
notevole importanza: La chiesa Trecentesca di S. Francesco, la Casa Trecentesca
dei Lanaioli, fino a giungere al vero vuoto urbano, ben definito, quale luogo
di aggregazione e di attività pubbliche-economiche, in cui appunto, insistono
il sistema dei fronti opposti della chiesa di S. Maria in Platea e Palazzo
Farnese sede del municipio.
La Facciata della cattedrale
si impone sulla piazza e con il suo campanile domina la scala urbana.
Compositivamente essa esprime l’organizzazione spaziale interna attraverso la
propria suddivisione, come i riferimenti storici del linguaggio neoclassico
sottolineano. Il sistema, infatti delle tre navate, anch’esse di periodi
storici diversi, viene completamente rispettato attraverso l’imponente
campanile, la parte centrale organizzata su due ordini e la parte laterale di
sinistra. Ancor più forte e' la lettura di queste parti attraverso la
differenziazione dei materiali costitutivi della facciata: pietra arenaria,
intonaco a cemento di recente fattura e blocchi di travertino.
In seguito al terremoto del 1703, la
facciata ha subito un intervento particolarmente visibile nella zona centrale
avvenuto per la precisione nel 1793, questa parte di tipo neoclassica è
sicuramente quella che più ha interessato il susseguirsi delle opere
manutentive; sicuramente l’intonaco a cemento e' uno degli ultimi e risale
all’incirca agli anni cinquanta-sessanta. Nell’apparato murario delle parti
laterali (arenaria e campanile in travertino) si sono susseguite diverse opere
d’inserimento in matariele lapideo inciso quali: l’orologio, la meridiana e la
lapide ai caduti con bassorilievo in bronzo.
1.2.2 Considerazioni generali
L’insieme chiesa-fabbrica per la sua
natura e importanza monumentale costituisce un polo d'attrazione riconosciuto
dall’intera diocesi di Teramo-Atri; pertanto vi è una particolare sensibilità –
necessita' ad effettuare la valorizzazione ed il consolidamento dell’intera
facciata e della torre campanaria.
Era sicuramente visibile all’occhio di
qualsiasi osservatore il livello di degrado delle diverse parti che
costituiscono la facciata: blocchi di arenaria non piu' integri, parti di
intonaco distaccate, macchie di varia natura visibili nelle diverse pietre e
presenza di vegetazione nella parte alta del campanile. La parte centrale
intonacata a cemento e' sicuramente il segno forte compositivo della facciata.
Inizialmente pigmentata, oggi è completamente priva della capacità di
restituire un aspetto colorimetrico. Inoltre è giusto sottolineare l’utilizzo
“sfrenato” del cemento in quegli anni per finiture, giunti e quant’altro di
apparecchiature murarie.
E'stata sicuramente un’occasione
meritevole di sensibilita', per restituire dignita' alla facciata, anche
eventualmente attraverso l’utilizzo di materiali piu' appropriati o idonei ad
esprimere il linguaggio neoclassico, della parte centrale.
Era sicuramente visibile all’occhio umano
il degrado di varia natura, espresso sottoforma di alterazioni cromatiche e
generato da diverse cause. (Alghe, licheni, guano, agenti atmosferici di varia
natura ed inquinanti derivanti dalla combustione).
Un altro aspetto, che sicuramente ci ha
colpito, e' la soluzione approntata in epoca recente attraverso l’utilizzo di
lastre in travertino, come rivestimento di un attacco a terra non completamente
risolto, in virtu' di un contrasto con le parti laterali costituite da
materiali di natura diversa.
Non trascurato, e' stato il fenomeno
dell’umidita' ascendente su tutta la parte basamentale, causata dalla risalita
per capillarità delle acque dal sottosuolo la cui altezza è inversamente
proporzionale alla porosità del materiale lapideo, pertanto il segno
sull’arenaria è visibile ad un’altezza
maggiore (1.8 m.
circa ) rispetto agli altri materiali.
Inoltre, per la natura dei diversi
materiali presenti in facciata, si può sottolineare come questi hanno reagito in modo diverso sia
per quanto riguarda l’assorbimento che la restituzione alla luce naturale e/o
artificiale. Di conseguenza, particolare attenzione, e' stata dedicata
attraverso le scelte dell’intervento a quest’aspetto anche tenendo conto dello
spazio urbano in cui il “manufatto architettonico” insiste.
Dal punto di vista artistico si e'
prestata, al contempo, la dovuta attenzione ai seguenti elementi non seriali:
la scultura in pietra “Madonna col Bambino” collocata nella nicchia al di sopra
del portale principale, le mattonelle decorative fittili, le scodelline
smaltate, le bifore e gli elementi metallici dell’ultimo registro del
campanile.
1.2.3 Illustrazione dei criteri
Alla luce di quanto esposto, e
considerata la risorsa finanziaria, (fondi di delibera C.I.P.E. N° 17/03, che la Regione Abruzzo in
data 31.03.2004 ha sottoscritto con il Ministero per i Beni ed Attivita'
Culturali e con il Ministero del Tesoro secondo atto integrativo all’accordo di
programma – Fondi C.E.I. – Fondi parrocchiali) erogata all’ente appaltante
“Parrocchia di S. Maria in Platea”; ed in seguito a sopralluoghi effettuati,
incontri con il Responsabile di Zona Arch. Cesira D’Innocenzo della
Soprintendenza B.A.P. per l’Abruzzo, e dell’importanza del monumento si e'
ribadita la necessità del restauro e valorizzazione della facciata con torre
campanaria, della Cattedrale di S. Maria in Platea.
Ovviamente l’orientamento individuato e'
stato confermato con una attenta osservazione diretta da effettuare dopo il
montaggio delle impalcature, dall’esecuzione di indagini conoscitive proposte
(ma anche di altre da concordare con la Soprintendenza) e
da oculate campionature di restauro (saggi di discoprimento, di pulitura, prove
di consolidamento, stuccatura, etc.) per arrivare ad un corretto e preciso
intervento di restauro e valorizzazione.
I principi di restauro che si e' cercato
di rispettare sono, ovviamente, quello del “minimo intervento”, inteso
chiaramente non come trascuratezza operativa, ma come coscienza critica
nell’operare, e quello della “reversibilità” dei materiali da impiegare,
limitando le operazioni distruttive spesso correnti nei cantieri di restauro
architettonico.
Per operazioni distruttive, intendiamo,
per fare un esempio nel nostro caso, le operazioni definite di “scarnitura” e
“sgarciatura” delle stuccature di allettamento dei conci; che, secondo le più
correnti indicazioni, devono interessare solo quelle effettivamente fatiscenti
(tra l’altro restaurabili) o quelle per le quali bisogna procedere a rimozioni
cautelative di porzioni del paramento murario quando tale estrema operazione è
dettata da fondate esigenze di fissaggio e consolidamento statico di porzioni
di muratura.
Le stuccature di allettamento tra i conci
in pietra o in laterizio, infatti, conservano preziose informazioni relative
alla tecnica e all’epoca di esecuzione, alle vicissitudini subite e, quindi,
devono essere osservate, documentate e conservate al pari dei conci o di altri
elementi costitutivi dei prospetti della fabbrica di Santa Maria in Platea.
Tra i vari materiali costitutivi (pietra
arenaria, pietra calcarea, mattonelle decorative fittili, conci in laterizio,
intonaco con tracce di policromia), per il maggiore stato di degrado o per la
maggiore vulnerabilità, si e' teneto nella giusta considerazione la pietra
arenaria della facciata occidentale (a sinistra del portale di ingresso), che
ha richiesto una maggiore attenzione nella fase di risarcimento dei difetti di
coesione del materiale o di adesione di esfoliazioni e microscagliature
superficiali.
Un’accurata indagine a vista, effettuata
in collaborazione con tecnici altamente specializzati nel campo del restauro
dei Beni Culturali, supportata dalle prove in laboratorio eseguite su campioni
prelevati, ha portato alla caratterizzazione dei materiali e alla valutazione
dello stato di conservazione degli stessi (C.f.r Allegata Relazione
Specialistica: “Caratterizzazione Minero-Petrografica”).
La campagna di campionamento ha
consentito di individuare la composizione dell’intonaco e le varie stratigrafie
con ricerca della finitura originaria, e le principali tipologie di alterazioni
macroscopiche.
Dalle indagini preliminari si è passati
alla descrizione petrografia e del degrado materico delle superfici vere e
proprie. E' sato messo a punto un capitolato speciale d’appalto, con l’elenco
dettagliato delle lavorazioni da eseguire sui singoli materiali e sulle singole
superfici, a seconda della tipologia di alterazione, individuata in fase di
indagine preliminare. In tale elaborato sono state indicate le metodologie, gli
strumenti e le competenze in modo accurato e descritto nei minimi particolari.
Al capitolato a fatto seguito la schedatura delle singole lavorazioni per una
rapida consultazione in fase di esecuzione. Tale schedatura ha fatto
riferimento a quella effettuata per i materiali e per le alterazioni.
1.2.4 Scelte Progettuali
Le scelte dell’intervento sono riferite
alle diverse problematiche riscontrate nella fase di studio e di analisi del
manufatto architettonico.
L’organizzazione progettuale è riferita
ad aspetti manutentivi, conservativi e di valorizzazione.
L’elaborato grafico, individua
l’intervento manutentivo in virtù del degrado materico analizzato, la rimozione
dell’intonaco a cemento in pessime condizioni, ed il conseguente rifacimento di
tutta la parte centrale della facciata. L’intervento è basato attraverso
procedure e atti che rispettano la normativa UNI – EN e le raccomandazioni
NorMal, riferite alle soluzioni ed ai prodotti utilizzati.
Impianto di Illuminotecnica
La soluzione tecnologica al problema
dell’umidità, ha rappresentato un’occasione per la realizzazione di parte
dell’impianto di illuminotecnica (luce radente), atto a valorizzare l’aspetto
cromatico e scenografico della facciata e della torre campanaria. L’altra parte
dell’impianto, è sostenuta da un progetto che ha previsto il posizionamento di
corpi illuminanti, al di sopra della copertura del Palazzo Farnese, con diversi
requisiti per lavorare sia sull’insieme
che sul dettaglio. Infatti alcuni corpi hanno il compito di mettere in risalto
con luce puntuale, particolari quali: orologio, Meridiana, Madonna col Bambino,
Lapide ai Caduti; altri invece, di armonizzare l’illuminazione radente dal
basso nella parte alta della facciata. L’effetto scenografico, viene esaltato
dal contrasto della luce bianca, proveniente dall’interno del campanile,
visibile nelle bucature della torre, e trova la sua conclusione
nell’illuminazione della parte terminale costituita dal tamburo ottagonale.