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sabato 12 luglio 2008

Restauro della facciata - Cattedrale S. Maria in Platea


Cattedrale S. Maria in Platea

P.zzale Vittorio Emanuele II - Campli (TE) ITALIA
Anno 2003-2005

Le immagini indicano prima e durante i lavori di Restauro e valorizzazione della facciata e della torre campanaria.


1.1 Inquadramento Storico.

Campli, di origine preromana, come testimoniano reperti archeologici dell’età del bronzo (II millennio a.C.) e la ricchissima Necropoli di Campovalano (X-III secolo a.C.), vantano fino ai nostri giorni una storia ricca e gloriosa, annoverando uomini illustri nelle lettere, nelle scienze, nelle arti. E’ fondata tradizione che fosse un “municipium” romano, ma la sua storia comincia meglio a potersi delineare alla fine del IX secolo per un cambio di territorio fra il Vescovo di Teramo Giovanni II e il conte Adalberto o Roberto de Aprutio.
Nei secoli XIV e XV la citta' ebbe un notevole sviluppo politico, sociale, economico alternando periodi di sottomissione feudale a periodi di liberta' demaniale. Nel 1372 ebbe lo “status” di libero comune, il diritto di scegliersi – alla pari con Teramo – il “Giudice delle cause civili”, e l’istituzione del “mercato settimanale” oltre a un buon numero di fiere nell’arco dell’anno.
Grande impulso diede alla città la corporazione dei lanaioli, che vi operava già dal XIV secolo, come campeggia lo stemma nella casa trecentesca. Infatti, proprio il commercio dei panni di lana, il fiorente artigianato (famosa la produzione, fino ai giorni nostri, delle terracotte della frazione Nocella) e l’agricoltura, delinearono e formarono i caratteri di una comunità dinamica, destinata a diventare una delle realtà più importanti nel territorio teramano. Nel 1538, con le seconde nozze di Margherita d’Austria (figlia naturale di Carlo V) con Ottavio Farnese, Campli passò da feudo Mediceo (1526) a quello Farnesiano, andando a far parte all’interno del Regno di Napoli di uno stato Farnesiano con propria giurisdizione politica e amministrativa. Campli non solo perse i suoi privilegi, ma sotto il governo di Margherita conobbe una fase di ascesa economica e politica, comprensibile leggendo il rifacimento degli Statuti Comunali del 1575, che culminerà nell’elezione a Città e Vescovato decretata da Clemente VIII con Bolla papale del 12 maggio 1600. Questo avveniva nonostante il terribile saccheggio e la devastazione che subì nel 1557 per opera delle truppe papaline e francesi comandate dal duca di Guisa, e il continuo operare di orde di banditi nel suo territorio. All’inizio del ‘600 Campli era ancora in una fase di espansione, tanto che nelle attività economiche e nel numero degli abitanti superava persino la città di Teramo.
Dopo la morte di Antonio, ultimo della dinastia Farnese, avvenuta nel 1731, Campli passò ai borboni di Napoli, seguendone tutte le vicissitudini fino alla nascita del Regno d’Italia. E’ bene ricordare anche che nel 1776 ebbe il privilegio della Scala Santa con le stesse indulgenze di quella di Roma e che nel 1860 fu presa a saccheggio da 250 gendarmi borbonici della fortezza di Civitella, seguiti da una numerosa schiera di banditi e contadini (in quella occasione fu bruciato quasi tutto l’archivio civico). Contemporaneamente alla fioritura economica, Campli ebbe grande rilevanza urbanistica e artistica: gia' nel XIII secolo aveva un’estenzione notevole e complessa, sicuramente maggiore dell’attuale, e fino dal 1138 vi si registra una scuola di 
pittura. Fra gli innumerevoli monumenti che ne caratterizzano e valorizzano la struttura urbana si può indicare la Chiesa di Santa Maria in Platea.
Il prospetto principale della chiesa e quello del campanile presentano, oggi, le trasformazioni e i rimaneggiamenti apportati dopo il terremoto dell’inizio del XVIII secolo (1703).
La facciata dell’ex cattedrale di Campli risulta, quindi, un assemblaggio di paramenti murari e superfici di rivestimento, che risalgono al periodo che va dal XIV secolo alla fine del XIX secolo.
La parte centrale della facciata, di chiaro stile neoclassico, e' per l’appunto frutto dell’intervento, avvenuto per precisione nel 1793. La nicchia che si trova al di sopra del portale e' abbellita da una scultura che rappresenta la Madonna con il Bambino, opera probabile del Gagliardelli.
Ampia traccia di numerosi rimaneggiamenti subiti dalla chiesa è ben evidente nel campanile. Esso venne innalzato nel XIV secolo utilizzando blocchi di travertino. La struttura, altrimenti massiccia e tozza, fu alleggerita da monofore e bifore. La base è caratterizzata da una sezione quadrata che si modifica nella parte superiore, mutando repentinamente in una struttura ottagonale decorata da mattonelle in ceramica dipinta, forse opera di Antonio da Lodi, aggiunte nel 1474. Nel 1793 il campanile venne sopraelevato aggiungendo la cuspide, anch’essa di sezione ottagonale. Attorno alla fine del secolo scorso vennero effetuati lavori sul campanile, in particolare sulla parte superiore, che ne modificarono l’aspetto esteriore rendendolo come oggi è visibile.
Nata come una chiesa ad una sola navata l’interno di S. Maria ne ha oggi tre: quella di sinistra, venne costruita tra il XV e XVI sec., quella di destra fu ultimata secondo le cronache nel 1561.
All’interno possiamo trovare numerosi segni, di espressioni artistiche di notevole importanza:
il soffitto della navata maggiore, assolutamente spettacolare realizzato in tavole di legno, in parte decorato da pitture realizzate direttamente sulle assi ed in larga misura da tele con bellissimi dipinti di scuola romana, opera d’arte davvero unica nel suo genere;
i numerosi altari presenti nelle navate laterali sono impreziositi da importanti opere d’arte, alcune di grande pregio ed eccellente valore artistico, eseguiti da seguaci della scuola di Raffaello.
Possiamo menzionare interventi di artisti quali: Giovan Battista Ragazzini, Sebastiano da Como, Giovanni da Biasiuccio, Cola d’Amatrice, Giacomo da Campli e Nicola da Guardiagrele.
Quel che rende davvero speciale S. Maria e' il suo tesoro costituito da una famosa tavola raffigurante “la Madonna in trono che allatta il piccolo Gesu'”, e da un eccezionale patrimonio di oggetti sacri in argento lavorato non visibili ai visitatori finchè non verranno esposti nel progettato museo d’arte sacra in via di realizzazione presso il convento di S. Onofrio.
I dati sono stati ricavati, oltre che dall’osservazione diretta attuale (dal piano stradale), dalle testimonianze orali e dalle  fonti bibliografiche dei seguenti autori: G. B. Pacichelli, 1703; N. Palma, 1832/36; E. Abbate, 1903; N. Rozzi, 1909 e 1913; L.V. Bertarelli, 1926; I. C. Gavini, 1927-28; P. Del Paggio, 1937; N. Farina, 1996; F. Bologna, 1996.

1.2     Descrizione del Progetto.

1.2.1 Introduzione

Nel corso dei secoli, con alterne vicende, la Cattedrale di S. Maria in Platea è stata luogo di culto e di studio.
E’ situata nel cuore del centro storico di Campli, nelle vicinanze della trecentesca Chiesa di S. Francesco, con il suo campanile, opera di Antonio da Lodi sec. XV, regna sulla piccola piazza del paese; il fronte opposto è occupato dal Palazzo del Parlamento – detto anche Palazzo Farnese – raro esempio di architettura civile ben conservato, nonostante inevitabili manomissioni (nel 1520 vi si impiantò il primo Teatro degli Abruzzi). Il luogo è sicuramente caratterizzato da un’alta densità edilizia, artigianale e rurale. Dal punto di vista urbanistico, l’insediamento costruito è completamente attraversato da un asse principale con direzione Nord-Est, Sud-Ovest. Si accede ad esso attraverso la famosa porta Angioina, pressoche' intatta, edificata nel 1372, allorche' fu eretta una nuova e migliore cinta difensiva. Lungo l’asse insistono vari episodi urbani di notevole importanza: La chiesa Trecentesca di S. Francesco, la Casa Trecentesca dei Lanaioli, fino a giungere al vero vuoto urbano, ben definito, quale luogo di aggregazione e di attività pubbliche-economiche, in cui appunto, insistono il sistema dei fronti opposti della chiesa di S. Maria in Platea e Palazzo Farnese  sede  del municipio.
La Facciata della cattedrale si impone sulla piazza e con il suo campanile domina la scala urbana. Compositivamente essa esprime l’organizzazione spaziale interna attraverso la propria suddivisione, come i riferimenti storici del linguaggio neoclassico sottolineano. Il sistema, infatti delle tre navate, anch’esse di periodi storici diversi, viene completamente rispettato attraverso l’imponente campanile, la parte centrale organizzata su due ordini e la parte laterale di sinistra. Ancor più forte e' la lettura di queste parti attraverso la differenziazione dei materiali costitutivi della facciata: pietra arenaria, intonaco a cemento di recente fattura e blocchi di travertino.
In seguito al terremoto del 1703, la facciata ha subito un intervento particolarmente visibile nella zona centrale avvenuto per la precisione nel 1793, questa parte di tipo neoclassica è sicuramente quella che più ha interessato il susseguirsi delle opere manutentive; sicuramente l’intonaco a cemento e' uno degli ultimi e risale all’incirca agli anni cinquanta-sessanta. Nell’apparato murario delle parti laterali (arenaria e campanile in travertino) si sono susseguite diverse opere d’inserimento in matariele lapideo inciso quali: l’orologio, la meridiana e la lapide ai caduti con bassorilievo in bronzo.

1.2.2 Considerazioni generali

L’insieme chiesa-fabbrica per la sua natura e importanza monumentale costituisce un polo d'attrazione riconosciuto dall’intera diocesi di Teramo-Atri; pertanto vi è una particolare sensibilità – necessita' ad effettuare la valorizzazione ed il consolidamento dell’intera facciata e della torre campanaria.
Era sicuramente visibile all’occhio di qualsiasi osservatore il livello di degrado delle diverse parti che costituiscono la facciata: blocchi di arenaria non piu' integri, parti di intonaco distaccate, macchie di varia natura visibili nelle diverse pietre e presenza di vegetazione nella parte alta del campanile. La parte centrale intonacata a cemento e' sicuramente il segno forte compositivo della facciata. Inizialmente pigmentata, oggi è completamente priva della capacità di restituire un aspetto colorimetrico. Inoltre è giusto sottolineare l’utilizzo “sfrenato” del cemento in quegli anni per finiture, giunti e quant’altro di apparecchiature murarie.
E'stata sicuramente un’occasione meritevole di sensibilita', per restituire dignita' alla facciata, anche eventualmente attraverso l’utilizzo di materiali piu' appropriati o idonei ad esprimere il linguaggio neoclassico, della parte centrale.
Era sicuramente visibile all’occhio umano il degrado di varia natura, espresso sottoforma di alterazioni cromatiche e generato da diverse cause. (Alghe, licheni, guano, agenti atmosferici di varia natura ed inquinanti derivanti dalla combustione).
Un altro aspetto, che sicuramente ci ha colpito, e' la soluzione approntata in epoca recente attraverso l’utilizzo di lastre in travertino, come rivestimento di un attacco a terra non completamente risolto, in virtu' di un contrasto con le parti laterali costituite da materiali di natura diversa.
Non trascurato, e' stato il fenomeno dell’umidita' ascendente su tutta la parte basamentale, causata dalla risalita per capillarità delle acque dal sottosuolo la cui altezza è inversamente proporzionale alla porosità del materiale lapideo, pertanto il segno sull’arenaria  è visibile ad un’altezza maggiore (1.8 m. circa ) rispetto agli altri materiali.
Inoltre, per la natura dei diversi materiali presenti in facciata, si può sottolineare  come questi hanno reagito in modo diverso sia per quanto riguarda l’assorbimento che la restituzione alla luce naturale e/o artificiale. Di conseguenza, particolare attenzione, e' stata dedicata attraverso le scelte dell’intervento a quest’aspetto anche tenendo conto dello spazio urbano in cui il “manufatto architettonico” insiste.
Dal punto di vista artistico si e' prestata, al contempo, la dovuta attenzione ai seguenti elementi non seriali: la scultura in pietra “Madonna col Bambino” collocata nella nicchia al di sopra del portale principale, le mattonelle decorative fittili, le scodelline smaltate, le bifore e gli elementi metallici dell’ultimo registro del campanile.

1.2.3 Illustrazione dei criteri

Alla luce di quanto esposto, e considerata la risorsa finanziaria, (fondi di delibera C.I.P.E. N° 17/03, che la Regione Abruzzo in data 31.03.2004 ha sottoscritto con il Ministero per i Beni ed Attivita' Culturali e con il Ministero del Tesoro secondo atto integrativo all’accordo di programma – Fondi C.E.I. – Fondi parrocchiali) erogata all’ente appaltante “Parrocchia di S. Maria in Platea”; ed in seguito a sopralluoghi effettuati, incontri con il Responsabile di Zona Arch. Cesira D’Innocenzo della Soprintendenza B.A.P. per l’Abruzzo, e dell’importanza del monumento si e' ribadita la necessità del restauro e valorizzazione della facciata con torre campanaria, della Cattedrale di S. Maria in Platea.  
Ovviamente l’orientamento individuato e' stato confermato con una attenta osservazione diretta da effettuare dopo il montaggio delle impalcature, dall’esecuzione di indagini conoscitive proposte (ma anche di altre da concordare con la Soprintendenza) e da oculate campionature di restauro (saggi di discoprimento, di pulitura, prove di consolidamento, stuccatura, etc.) per arrivare ad un corretto e preciso intervento di restauro e valorizzazione.
I principi di restauro che si e' cercato di rispettare sono, ovviamente, quello del “minimo intervento”, inteso chiaramente non come trascuratezza operativa, ma come coscienza critica nell’operare, e quello della “reversibilità” dei materiali da impiegare, limitando le operazioni distruttive spesso correnti nei cantieri di restauro architettonico.
Per operazioni distruttive, intendiamo, per fare un esempio nel nostro caso, le operazioni definite di “scarnitura” e “sgarciatura” delle stuccature di allettamento dei conci; che, secondo le più correnti indicazioni, devono interessare solo quelle effettivamente fatiscenti (tra l’altro restaurabili) o quelle per le quali bisogna procedere a rimozioni cautelative di porzioni del paramento murario quando tale estrema operazione è dettata da fondate esigenze di fissaggio e consolidamento statico di porzioni di muratura.
Le stuccature di allettamento tra i conci in pietra o in laterizio, infatti, conservano preziose informazioni relative alla tecnica e all’epoca di esecuzione, alle vicissitudini subite e, quindi, devono essere osservate, documentate e conservate al pari dei conci o di altri elementi costitutivi dei prospetti della fabbrica di Santa Maria in Platea.
Tra i vari materiali costitutivi (pietra arenaria, pietra calcarea, mattonelle decorative fittili, conci in laterizio, intonaco con tracce di policromia), per il maggiore stato di degrado o per la maggiore vulnerabilità, si e' teneto nella giusta considerazione la pietra arenaria della facciata occidentale (a sinistra del portale di ingresso), che ha richiesto una maggiore attenzione nella fase di risarcimento dei difetti di coesione del materiale o di adesione di esfoliazioni e microscagliature superficiali.
Un’accurata indagine a vista, effettuata in collaborazione con tecnici altamente specializzati nel campo del restauro dei Beni Culturali, supportata dalle prove in laboratorio eseguite su campioni prelevati, ha portato alla caratterizzazione dei materiali e alla valutazione dello stato di conservazione degli stessi (C.f.r Allegata Relazione Specialistica: “Caratterizzazione Minero-Petrografica”).
La campagna di campionamento ha consentito di individuare la composizione dell’intonaco e le varie stratigrafie con ricerca della finitura originaria, e le principali tipologie di alterazioni macroscopiche.
Dalle indagini preliminari si è passati alla descrizione petrografia e del degrado materico delle superfici vere e proprie. E' sato messo a punto un capitolato speciale d’appalto, con l’elenco dettagliato delle lavorazioni da eseguire sui singoli materiali e sulle singole superfici, a seconda della tipologia di alterazione, individuata in fase di indagine preliminare. In tale elaborato sono state indicate le metodologie, gli strumenti e le competenze in modo accurato e descritto nei minimi particolari. Al capitolato a fatto seguito la schedatura delle singole lavorazioni per una rapida consultazione in fase di esecuzione. Tale schedatura ha fatto riferimento a quella effettuata per i materiali e per le alterazioni.

1.2.4 Scelte Progettuali

Le scelte dell’intervento sono riferite alle diverse problematiche riscontrate nella fase di studio e di analisi del manufatto architettonico.
L’organizzazione progettuale è riferita ad aspetti manutentivi, conservativi e di valorizzazione. 
L’elaborato grafico, individua l’intervento manutentivo in virtù del degrado materico analizzato, la rimozione dell’intonaco a cemento in pessime condizioni, ed il conseguente rifacimento di tutta la parte centrale della facciata. L’intervento è basato attraverso procedure e atti che rispettano la normativa UNI – EN e le raccomandazioni NorMal, riferite alle soluzioni ed ai prodotti utilizzati.

Impianto di Illuminotecnica
La soluzione tecnologica al problema dell’umidità, ha rappresentato un’occasione per la realizzazione di parte dell’impianto di illuminotecnica (luce radente), atto a valorizzare l’aspetto cromatico e scenografico della facciata e della torre campanaria. L’altra parte dell’impianto, è sostenuta da un progetto che ha previsto il posizionamento di corpi illuminanti, al di sopra della copertura del Palazzo Farnese, con diversi requisiti per  lavorare sia sull’insieme che sul dettaglio. Infatti alcuni corpi hanno il compito di mettere in risalto con luce puntuale, particolari quali: orologio, Meridiana, Madonna col Bambino, Lapide ai Caduti; altri invece, di armonizzare l’illuminazione radente dal basso nella parte alta della facciata. L’effetto scenografico, viene esaltato dal contrasto della luce bianca, proveniente dall’interno del campanile, visibile nelle bucature della torre, e trova la sua conclusione nell’illuminazione della parte terminale costituita dal tamburo ottagonale.   


Prima  dell'intervento di restauro

 Tavola Elaborato di analisi, progetto esecutivo

Immagine allestimento ponteggi durante i lavori


Immagine dopo i lavori





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